Cosa sta diventando questa Europa?

Il sogno europeo è ad un bivio, ma in giro c’è un europeismo strano e sospetto…

Da moltissimi anni, sul mio profilo Facebook campeggia una frase di Carlo Azeglio Ciampi: «Mi sento cittadino europeo nato in terra d’Italia, e orgoglioso di entrambe queste mie appartenenze». Nel mio nome utente di WhatsApp campeggiano le due bandierine, quella italiana e quella europea. Confesso, allora, un certo disagio per quello che sta accadendo in questi giorni, perché non vorrei mai che qualcuno che non mi conosce così bene possa, per qualche motivo, accostarmi a quello strano “nazionalismo europeo” nascente.

Mi ha lasciato molto perplesso la manifestazione di Piazza del Popolo. E non perché fosse una manifestazione per l’Europa. Anzi, ce ne fossero. O meglio, ce ne fossero state. Perché quello che mi domando in questi giorni è: perché questa manifestazione proprio adesso?

Sono sempre stato un grande appassionato del sogno europeo, di quella visione che per la prima volta ha unito in maniera pacifica sotto una sola bandiera popoli che per secoli si sono fatti la guerra. E in quegli anni nei quali la mia passione europea si è consolidata, nel popolo italiano si diffondeva e radicava sempre di più, invece, un’idea negativa di Europa. Un’Europa che, nella migliore delle ipotesi, perdeva tempo appresso a questioni che ai più sembravano marginali se non addirittura inutili (etichette sui cibi, caricabatterie, norme alimentari varie); nella peggiore, era una matrigna che chiede sempre qualcosa ai suoi figli. Quanti danni ha fatto quel “ce lo chiede l’Europa”…

Ebbene, in tutto questo, io non ricordo mai, da parte di nessuno, di qualsiasi fazione politica, una grande manifestazione a sostegno dell’Europa. Non ricordo qualcuno che abbia levato la propria voce per difendere quel sogno sottoposto ad un costante tiro al bersaglio da parte di chi, in Italia, voleva scaricarsi di qualche responsabilità.

Accade, invece, oggi. Proprio ora che l’Europa proclama la volontà di riarmarsi (non l’Europa, tra l’altro, ma i singoli Stati nazionali, questo sarebbe il caso di ricordarselo). E allora qualche sospetto viene. Viene, soprattutto, una grande amarezza quando perfino un uomo dalla mente aperta come Roberto Vecchioni, dal palco di Piazza del Popolo, pronuncia una frase come questa: «Vi dico Socrate, Spinoza, Cartesio, Hegel, Marx, Shakespeare, Cervantes, Pirandello, Leopardi, Manzoni: ma gli altri le hanno queste cose?». Cosa mai vorrebbe significare questo? Che la cultura europea è forse migliore o più profonda della millenaria sapienza cinese? O della cultura indiana?

E allora mi chiedo: cosa sta diventando questa Europa? Cosa è rimasto di quel sogno che, checché ne possa dire il Presidente del Consiglio, era un programma di pace e non un’utopia socialista? C’è davvero il rischio, per dirla con Benigni, di stancarci proprio ora che è rimasto solo un ultimo muro da scavalcare?

Il quadro non incoraggia alla speranza. Ma già in passato il sogno europeo ha mostrato di saper camminare con le proprie gambe, anche oltre la miopia dei governi nazionali. Era il 1962 quando i membri dell’Assemblea delle Comunità Europee, con un gesto pacifico e rivoluzionario al tempo stesso, si autoproclamarono “Parlamento Europeo”, aprendo la strada che ha portato alla nascita di quello che oggi è l’unico esempio al mondo di parlamento sovranazionale eletto a suffragio universale. Forse, allora, non è ancora troppo tardi per sperare, perché le grandi sfide a cui è sottoposta l’Europa oggi possono spingere l’Unione in due direzioni: verso la dissoluzione o verso il pieno compimento. La società europea sarà all’altezza?

Author: Alessandro Greco

Docente di Italiano e Storia e giornalista pubblicista. Dal 2015 collabora con "La Vita in Cristo e nella Chiesa", fra le più autorevoli riviste italiane di liturgia, con contributi principalmente sul mondo giovanile e sulla Letteratura (con articoli tradotti all'estero). In passato ha scritto per Nuovo Dialogo e soprattutto per il CorrierediTaranto.it, per il quale è stato prima cronista sportivo e poi cronista politico, sino al 2022. Ha collaborato brevemente anche con "L'Edicola del Sud". È co-autore del documentario in dieci puntate "Taranto, la città nella città - Guida ai vicoli per tarantini distratti (e turisti curiosi)".

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