Il Consiglio Comunale ha approvato l’ennesimo atto di indirizzo per chiedere la riapertura dell’aeroporto Arlotta di Grottaglie ai voli di linea. Nella totale assenza della Regione.
I giornali di oggi sono pieni di giubilo e soddisfazione. Ancora una volta il Consiglio Comunale si è riunito, ha discusso, si è confrontato e, infine, ha deliberato: l’aeroporto Marcello Arlotta di Taranto-Grottaglie dovrà riaprire ai voli di linea.
Già, peccato che alla seduta fossero assenti proprio coloro che quella riapertura dovrebbero realizzarla: Aeroporti di Puglia, ente gestore dello scalo, e la Regione Puglia, che non ha mandato alcun proprio rappresentante (non il presidente Emiliano, non l’assessore ai trasporti). Non solo, ma erano assenti addirittura i tre consiglieri comunali che sono anche consiglieri regionali: Vincenzo Di Gregorio, Massimiliano Di Cuia e Massimiliano Stellato, sinora tutti e tre fervidi sostenitori dello scalo grottagliese (Di Cuia, Di Gregorio, Stellato).
Dinanzi a questo si pone una domanda: questa battaglia ha ancora un senso?
Le ragioni dell’apertura


Le ragioni dell’apertura, abbracciate con convinzione dall’intera assise comunale (che ha approvato all’unanimità una mozione a firma congiunta di cinque consiglieri di maggioranza e minoranza) sono state esposte in aula dai comitati, rappresentati da Cinzia Amorosino e Walter Fischetti e sono molto semplici.
In sintesi, l’aeroporto di Grottaglie rientra fra gli aeroporti classificati dall’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) come “di interesse nazionale” (a norma del d.P.R. 201/2015), nonché fra quelli che hanno diritto per legge (la 289/2002, art. 82) a ricevere i fondi per la “continuità territoriale”, vale a dire quei fondi che possano “invogliare” le compagnie aeree ad operare anche in scali commercialmente non competitivi. Fondi a cui Taranto-Grottaglie ha diritto, ma che non ha mai percepito. Se questi fondi venissero finalmente erogati, Aeroporti di Puglia, società che gestisce tutti gli scali pugliesi, potrebbe finalmente pubblicare un bando per l’apertura di tratte regolari che le compagnie aeree potrebbero gestire a condizioni economiche favorevoli.
Le ragioni del no
E tuttavia qui si pone il problema della concorrenza con il vicino (troppo vicino) aeroporto di Brindisi, che invece i fondi per la continuità territoriale li percepisce eccome (5 milioni di euro/anno). Come giustificare la presenza di due scali così vicini fra loro in una regione che non è esattamente la più densamente popolata d’Italia? Quale bacino d’utenza potrebbe essere realmente interessato a volare da Grottaglie anziché da Brindisi o da Bari? Perché mantenere uno scalo aperto ai voli di linea ha costi non trascurabili, e bisogna capire se il gioco vale la candela.
Una triste verità l’ha detta in aula il presidente della Camera di Commercio di Brindisi-Taranto (e già, proprio loro due insieme) Vincenzo Cesareo, contestato da alcuni rappresentanti dei comitati: Grottaglie può tranquillamente scordarsi tratte per Milano e Roma, che già ci sono a Bari e Brindisi, per cui dovrebbe occuparsi di altro. Ma, di grazia, quali altre tratte potrebbero realmente interessare all’utente medio dell’alto Ionio? Forse qualcuna per la vicina Grecia, che faccia concorrenza ai traghetti che partono, guarda un po’ da Brindisi? La domanda insinua ben più di qualche dubbio sulla fattibilità dell’operazione.
Il legame con la Basilicata e il problema delle altre infrastrutture
Fra le argomentazioni addotte dai sostenitori dell’apertura vi è poi l’evidente considerazione che dei quattro aeroporti pugliesi, tre (Foggia, Bari e Brindisi) sono sull’adriatico e solo uno (Taranto-Grottaglie, per l’appunto) è sullo Ionio, il che lo potrebbe rendere appetibile per l’utenza lucana, che di aeroporti propri non ne ha. Ma a questo punto emerge prepotentemente un altro problema: che i collegamenti infrastrutturali, a Taranto, mancano davvero tutti. L’autostrada si ferma mestamente nelle campagne di Massafra, confluendo assieme alla statale 100 in una strada a corsia singola senza spartitraffico che sa molto di anni ’50 e molto poco di XXI secolo; l’alta velocità ferroviaria resta un miraggio (a proposito, che fine ha fatto la diagonale del Mediterraneo, progetto del governo Conte II che avrebbe dovuto collegare Calabria, Basilicata, Taranto e Brindisi e che è scomparso nel nulla?). Allora, di grazia, ha senso combattere per un aeroporto che è veramente ben collegato solo ed unicamente con una provincia che il suo aeroporto già ce l’ha?
La mucca nel corridoio
E tutto questo senza voler affrontare la vera mucca nel corridoio, il problema che nessuno in aula ha nominato, non il sindaco Bitetti, non i sindaci di Grottaglie e Monteiasi, non gli onorevoli Iaia e Turco: la Marina Militare.
Lo scalo di Grottaglie non potrà mai aprire fino a che l’operatività della sua unica pista dovrà essere garantita per i voli militari. Specie nell’attuale temperie internazionale, non è pensabile che la Marina Militare si privi di una delle sole tre basi aeree di cui dispone sul territorio nazionale (le altre sono Catania e Sarzana) per condividerla anche solo parzialmente con i voli civili, da bloccare immediatamente in caso di una qualsiasi emergenza.
Non prendiamoci in giro…






