Nell’incontro organizzato dall’Arcidiocesi di Taranto, per la prima volta insieme i sei candidati alla carica di Sindaco. Per un dibattito corretto e pacato
Non bisogna per forza abituarsi al peggio. È questo pensiero che mi accompagna dopo la fortunata esperienza di aver potuto moderare, insieme con l’amica e collega del nuovo Quotidiano di Puglia Paola Casella, il primo confronto diretto fra tutti e sei i candidati sindaco, organizzato dall’Arcidiocesi di Taranto. È stata la prima Piazza della Democrazia, esperienza nata alla Settimana Sociale di Trieste (di cui parlammo qui) e che si prova ora a riproporre in terra ionica.
Non bisogna per forza abituarsi al peggio, dicevamo. Nel senso che non bisogna per forza abituarsi al fatto che i candidati si insultino, si delegittimino. Non bisogna abituarsi, soprattutto, all’idea che i candidati evitino il confronto. Un confronto civile e pacato, anche se duro, è possibile, e ieri ne è stata la prova.
Un bozzetto sui sei candidati
Sono emersi prepotentemente i caratteri dei sei candidati, inizialmente un po’ imbarazzati dal format “all’americana”, con tempi strettissimi e contingentati e un ordine di risposta sorteggiato elettronicamente, poi via via sempre più a proprio agio.
Carica Angolano, toni sostenuti, a tratti quasi da comizio alla vecchia maniera; forte della propria esperienza televisiva è la più diretta verso il pubblico. Al centro dei suoi interventi la necessità di riavviare il “Cantiere Taranto” (espressione di contiana memoria), e cioè di spendere finalmente i miliardi stanziati dal Governo nazionale per Taranto negli ultimi anni. Conciliante Bitetti, che si presenta come il candidato dell’unità, non in continuità con Melucci ma nemmeno in discontinuità, fa perno sulla propria esperienza nelle istituzioni per accreditarsi come candidato affidabile, con in più la promessa di un momento di confronto settimanale fra il sindaco e i cittadini. Vulcanico Cito, rivendica le passate esperienze amministrative di AT6 e rivendica per sé il ruolo di sindaco vicino alla gente. Di Bello sottolinea invece la propria estraneità a tutte le precedenti esperienze amministrative come credenziale per non ripetere gli errori del recente passato e propone un futuro con più attenzione alla formazione. Lazzaro assume un atteggiamento istituzionale; espressione della coalizione attualmente al Governo a Roma, parla con la sicurezza di chi sa che se andasse a Palazzo di Città lo farebbe con tutto l’appoggio possibile da parte delle forze del centrodestra nazionale. Tacente, infine, sottolinea l’importanza di portare a compimento i progetti attualmente incardinati (le BRT, tanto per fare un esempio), ma non rivendica mai apertamente la continuità con la passata amministrazione.
Una consigliatura di riconciliazione?
Aver avuto tutti e sei i pretendenti alla poltrona di primo cittadino sullo stesso palco (grande merito va all’Arcidiocesi di Taranto e in particolare a don Antonio Panico per essere riuscito a metterli insieme), è una cosa che riappacifica con la politica, e lo sappiamo che dovrebbe essere normale, ma sta di fatto che non lo è. Tre anni fa i quattro candidati non si incontrarono mai tutti insieme e quella che ne è seguita è stata una consigliatura frammentata e avvilente, all’insegna dell’insulto, della delegittimazione e, non ultimo, dei voltafaccia. Ieri sera sul palco, invece, l’aria era serena e nessuno ha mai dovuto sgolarsi per richiamare gli interventi all’ordine (cosa che in consiglio comunale avviene regolarmente) e non ci sono stati attacchi alla persona da parte di nessuno.
Speriamo, allora, che il clima disteso visto sul palco fra i sei candidati (prima, durante e dopo il dibattito) possa essere di buon auspicio per una consigliatura che sia finalmente di riconciliazione generale. La città ne ha bisogno.